Eugenio De Signoribus – Ronda dei Conversi

“Dentro l’odierno imperio, si narri più forte, per carità, un altro sentimento: quello che contiene ogni oscurata vita”. La morte, che subiscono i corpi, passivamente; quei corpi morti sui quali si è edificato il ventunesimo secolo “i morti sono le fondamenta del tempo… perché nessuna casa può più appartenere veramente a qualcuno”. Nessuna riedificazione, nessun riabitare la terra…

Le poesie di Eugenio De Signoribus: Poesie (1976-2007), Garzanti 2008; Memoria del chiuso mondo, Quodlibet 2002; Trinità dell’Esodo, Garzanti 2011.

Terre bruciate

chi non può averti t’uccide…
non sopporta il tuo corpo scritto
e il tuo te che pure sofferente
sta sopra la sabbia verbale

dopo il tuo terzo no
intorno al tuo capanno cosparge
la sua carta venale e l’incendia
negando anche sé nel conflitto…

chi ti convive e sente
in pericolo la tua alleanza
corre a spegnere sul nascere
ciò che già cenere era

ma all’alba un’incerta linea nera
separa il tuo sguardo infelice
da ogni luogo dove non sei
se non nell’urna o nella cicatrice

Eugenio De Signoribus, Ronda dei Conversi VII: Accorale per le Terresante

La settima e ultima parte di Ronda dei conversi, “Accorale per le terresante”, presenta una struttura contrappuntistica, scandita dall’alternanza delle terre e dei cori. Alle voci plurali, disorganizzate e afflitte dei cori (6) ― a cui il titolo italiano, Accorale, dà la tonalità ― rispondono le terre plurali (5), anch’esse annunciate da una poesia del dolore. Terre sante dove inizia il viaggio spirituale e sapienziale del poeta che erra «tra i penitenti / dell’umanità rovinosa» o tra «i riparati» che escono dai rifugi. Terre basse dove si compie la discesa dantesca. Terre bruciate dove il «corpo scritto» della poesia non ha posto. Terre alte dove il poeta fa tappa tra i «salvati» dal naufragio umano. Terre di mezzo, terre di bilancio poetico e di disillusione. Stanco delle violenze che legano gli uomini a Dio, stanco dei falsi predicatori e dei fanatismi, stanco dell’«ultrafede» degli «innumeri volti fibra su fibra incordati», il poeta, Nuovo Abele, fa appello a nuove forme di scrittura: «o nuova lettera o nuovo testamento». Figura rovesciata dell’Abele biblico, il Nuovo Abele, contrassegnato da «un segno che nessuno vede», rifiuta la violenza. E se deve soffrire, tanto vale che mantenga la sua sofferenza sopra la sua «sabbia verbale».

Angèle Paoli – da : http://terresdefemmes.blogs.com/

trad: alfredo riponi