in Piero della Francesca: quell’avvizzimento caratteristico di quasi tutti i volti e che non dipende tanto dalla morfologia primaria (facies del bruto – natura nella soldataglia –, dell’avvelenatore, del bellimbusto, del cinedo, come, per esempio, in La vittoria di Eraclio su Cosroe, quel paggio che suona la tromba, un adolescente a prima vista ma, esaminato più a lungo, con una pesantezza opaca nello sguardo, occhi cerchiati e impassibilità) quanto da qualcosa che li abbia prematuramente, subdolamente logorati, segnati. Come una tara. La ricchezza. O il potere. Espressione simile sulle fotografie delle stelle cinematografiche o dei miliardari. Come una specie di maschera, appiccicata. Secondo volto, in sovrimpressione, sovrapposto per così dire a dei lineamenti originariamente belli. Le donne (la Vergine stessa) hanno occhi con le palpebre grevi, segrete, dalla fessura sinuosa per cui filtrano, più subdoli che pudichi, sguardi obliqui. Anche le labbra dall’aria altera, sdegnosa. Donne-bambine, consapevoli del loro prezzo. Del resto tutto è prezzo qui, ostentato, insolente: le armature, gli abiti, i colori raffinati, le acconciature di forma stravagante…
[Claude Simon, La battaglia di Farsalo, Einaudi 1987, pp. 126-127]
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