Jean-Pierre Duprey – La Fin et la Manière

«I poemi che compongono “La Fin et la Manière” sono stati scritti come un testamento». Narrando dei suoi incontri con J. P. Duprey nell’ospedale psichiatrico dov’era stato rinchiuso, Alain Jouffroy scrive: «Uccidendo il dialogo, preservava l’apparizione della Vita. Al di là delle parole, tutto diventava meravigliosamente incandescente, fosforescente».
S’interroga Jouffroy, se J. P. Duprey abbia alla fine ceduto alla disperazione, in quel “dramma mentale” che è “La Fin et la Manière”. «La disperazione è considerata anormale nel mondo normale in cui viviamo. Il poeta non cede alla disperazione, ma assume su di sé la propria disperazione, oggettivandola nell’autenticità delle sue visioni, ratifica col suo sangue la veracità di un’esperienza dell’impossibile… . La poesia che coincide con l’esperienza vissuta è l’autenticità assoluta».

Cfr. Alain Jouffroy, Lettre rouge, prefazione a La Fin et la Manière, le Soleil Noir, Paris 1965

 

Notizia biobibliografica su Jean-Pierre Duprey :

http://fr.wikipedia.org/wiki/Jean-Pierre_Duprey

 

*

 

LA FIN ET LA MANIÈRE

I. QUI DIRAIT

MOUVEMENT

Mouvement plié au corps de la vie
Dehors, la nuit neigée à l’étendue
Dedans, le mort qui n’attend plus
Qu’un seul battement d’aile
Dont l’endroit
Est encore ombre de l’envers.

Et cet endroit est cet envers
Passé à travers cet endroit.

Mouvement sans poids sur les mains
Dont le dos
S’applique aux vitres sans mesure.
Lentement, peinant de quatre membres d’air.
D’air engourdi,
Passé comme à la lenteur des murs,
Le mort appuie l’ouvert de sa tête.

*

MOVIMENTO

Movimento piegato al corpo della vita
Fuori, la notte innevata
Dentro, il morto che aspetta
Solo un battito d’ala
Il diritto
È anche il rovescio dell’ombra.

Questo diritto è questo rovescio
Passato attraverso questo diritto.

Movimento senza peso sulle mani
Il dorso
Preme sui vetri oltre misura.
Lentamente, affaticato da quattro giunture d’aria.
D’aria intorpidita,
Passato lentamente lungo i muri,
Il morto preme l’aperto della sua testa.

*

QUI DIRAIT

Croisement de l’œil avec la nuit
Fermée bout à bout
Sur le cerveau, comme qui dirait
Cerceau, comme qui dirait
Le saut en rien.

C’est une bouée qu’imagine
La nuit,
De blanc fer imaginaire,
Etale, comme qui dirait
Pétale, comme qui dirait
Spectrale devant un cri.

Or le cri devenu bouche
C’est un cerceau, nul doute,
C’est un cerceau
Fermé, dirait le rouge fer.
C’est moi qui serre, comme qui dirait
Et je saute, comme qui dirait,
Bouée de sang au bout
A bout de l’ombre courbe,
A bout de souffle sur son cri.

Or le cri devenu chair,
C’est cela, comme qui dirait
C’est bien cela, comme qui dirait…

*

COME DIRE

Incrociarsi dell’occhio con la notte
Chiusa da un’estremità all’altra
Sul cervello, come dire
In cerchio, come dire
Salto nel nulla.

È la notte che immagina
Una boa,
Di ferro bianco immaginario,
Ferma, come dire
Petalo, come dire
Spettrale davanti a un grido.

Ora il grido diventato bocca
È un cerchio, non c’è dubbio,
È un cerchio
Chiuso, direbbe il ferro rovente.
Sono io che stringo, come dire
Salto, come dire,
Boa di sangue laggiù
Al limite dell’ombra curva,
Senza fiato nel grido.

Ora il grido diventato carne,
È questo, come dire
È proprio questo, come dire…

*

IV. FOI, LES CHOSES

APRÈS

Après la trace, vient la distance.
Ce que rêve l’autre, ce que rêve l’un,
L’un dans l’autre se sont compris.
Il n’est pas de lumière
Sans feu pour finir.
Commencée de fumée,
Ainsi se fait la forme,
Sans fait d’avenir.

*

DOPO

Dopo la traccia, la distanza.
Sogno dell’uno, e dell’altro,
L’uno nell’altro si è compreso.
Non c’è luce
Che finisca senza fuoco.
Segnalata dal fumo,
Così prende forma,
Senza presa sul futuro.

(Jean-Pierre Duprey, Derrière son double, Poésie / Gallimard 1999, Christian Bourgois Éditeur 1990)

(tra. a. riponi)