l’innominabile | beckett

« Comment, dans ces conditions, fais-je pour écrire, à ne considérer de cette amère folie que l’aspect manuel ? Je ne sais pas. Je pourrais le savoir. Mais je ne le saurai pas. Pas cette fois-ci. C’est moi qui écris, moi qui ne puis lever la main de mon genou. C’est moi qui pense, juste assez pour écrire, moi dont la tête est loin. Je suis Mathieu et je suis l’ange, moi venu avant la croix, avant la faute, venu au monde, venu ici » (S. Beckett, L’innomable).

“Come, in queste condizioni, riesco a scrivere, a non considerare di quest’amara follia che l’aspetto manuale ? Non lo so. Potrei saperlo. Ma non lo saprò. Non questa volta. Sono io che scrivo, io che non posso sollevare la mano dal mio ginocchio. Sono io che penso, quel poco che basta per scrivere, io la cui testa è lontana. Sono Matteo e sono l’angelo, io venuto prima della croce, prima della colpa, venuto al mondo, venuto qui”. (S. Beckett, L’innominabile).

l’intime bidouille | charles pennequin

l'intime bidouille / charles pennequin. 2007

 

 

Sull’ultimo nastro, c’è qualcosa che non è stato detto fino in fondo, si brancola sempre nel buio con Beckett. (J-J Abrahams, Phallophonie, in “Un singolare gatto selvatico”, p. 134)

 

Beckett – Neither

NEITHER

To and fro in shadow from inner to outershadow
from impenetrable self to impenetrable unself by way of neither
as between two lit refugees whose doors once neared gently close,
once turned away from gently part again
beckoned back and forth and turned away
heedless of the way, intent on the one gleam or the other
unheard footfalls only sound
till at last halt for good, absent for good from self and other
then no sound
then gently light unfading on that unheeded neither
unspeakable home

Samuel Beckett, “The Complete Short Prose” (Grove Press, New York, 1995)

***

NI L’UN NI L’AUTRE

va-et-vient dans l’ombre, de l’ombre intérieure à l’ombre extérieure
du soi impénétrable au non-soi impénétrable en passant par ni l’un ni l’autre
comme entre deux refuges éclairés dont les portes sitôt qu’on approche se ferment doucement,
sitôt qu’on se détourne s’entrouvrent doucement encore
revenir et repartir appelé et repoussé
sans percevoir le lieu de passage, obnubilé par cette lueur ou par l’autre
seul bruit les pas que nul n’entend
jusqu’à s’arrêter pour de bon enfin, pour de bon absent de soi et d’autre
alors nul bruit
alors doucement lumière sans déclin sur ce ni l’un ni l’autre non perçu
cette demeure indicible

 

(traduit de l’anglais par Edith Fournier)

Samuel Beckett, Pour finir encore et autre foirades, Les Éditions de Minuit

***

NÉ L’UNO NÉ L’ALTRO

Avanti e indietro nell’ombra dall’ombra interiore a quella esteriore
dall’impenetrabile sé all’impenetrabile non-sé passando per né l’uno né l’altro
come tra due rifugi illuminati le cui porte non appena ci si avvicina lentamente si chiudono,
non appena girata la testa si socchiudono lentamente ancora
fatto un cenno avanti e indietro e voltata la testa
incurante del cammino, attento all’uno o all’altro barlume
solo rumore i passi non uditi
fino a fermarsi per davvero infine, assente per davvero da sé e dall’altro
allora nessun rumore
allora dolcemente luce imperitura su quell’inosservato né l’uno né l’altro
inesprimibile rifugio
***

“Ma se l’altro esiste come un incubo, contro di me, « come posso essere io? »; se il volto dell’altro non mi riflette più, non è più il ‘luogo’ dove posso riflettere me stesso, ma, all’opposto, si è fatto enigma, l’io stesso non diverrà che il ‘luogo’ del proprio smarrirsi. « Sì, ricordo. Che fui io. Fui io allora ». L’io fu. Ora non restano che la voce che giunge a qualcuno nel buio.” (M. Cacciari, Dopo l’ultimo giorno).

BECKETT / OVIDIO


fin nella caverna cielo e suolo
e una a una le vecchie voci
d’oltretomba
e lentamente la stessa luce
che sulle piane di Enna in lunghi stupri
macerava poco fa i capillari
e le stesse leggi
che poco fa
e lentamente nell’orizzonte che spegne
Proserpina e Atropo
Adorabile d’incerto vuoto
Ancora la bocca d’ombra
BECKETT, Poesie

***

C’è un’isola vasta, Trinacria, ammassata sopra le membra di un gigante.

Allora la terra trema, e perfino il re dei morti muti ha paura che il suolo si squarci e che una larga voragine ne dischiuda i segreti e che la luce irrompendo semini terrore e confusione tra le ombre.

Non lontano dalle mura di Enna c’è un lago che si chiama Pergo, l’acqua è profonda.

La terra mi dischiude un cammino, io scorro in caverne dentro le sue profondità, e qui levo fuori il capo e rivedo le stelle quasi dimenticate

Proserpina: … regina , signora del mondo buio
OVIDIO, Metamorfosi, Libro V, v. 341-571

BECKETT

Ma verrà una sera, un’altra, e la luce collasserà dal cielo e il colore della terra e la porta s’aprirà sul vento o la pioggia o il nevischio o la grandine o la neve o il fango o la tempesta o gli immobili tiepidi profumi estivi o la quiete del ghiaccio o il risveglio della terra o il silenzio del raccolto o il cadere delle foglie nell’oscurità ognuna dalla sua altezza, senza che mai due giungano al suolo nello stesso istante, volteggiando rosse e scure e gialle e grigie vivacemente per un solo attimo, sì, nell’oscurità, per un solo attimo, prima di andarsi a cacciare tutte insieme nei loro cumuli, un cumulo qui, un altro là, per essere rimestate da bambine e bambini felici al ritorno da scuola…

BECKETT / L’INNOMMABLE

on essaie la mer, on essaie la ville, on se cherche dans la montagne et dans la plaine, que voulez vous, on se veut, on se veut dans son coin, ce n’est pas l’amour, ce n’est pas la curiosité, on est inquiet, c’est la fatigue, on veut s’arrêter, ne plus voyager, ne plus chercher, ne plus mentir, ne plus parler, fermer les yeux, mais les siens, se mettre la main dessus quoi, après ça ne traînera pas. Je remarque une chose, les autres ont complètement disparus. C’est louche. D’ailleurs je ne remarque rien, je continue comme je peux, si ça prend un sens je ni peux rien, je suis passé par ici, ceci est passé devant moi, des milliers de fois, c’est son tour, il s’en ira et ce sera autre chose, un autre instant de mon vieil instant, le voilà, ce vieux sens que je vais me donner, que je ne vais pas pouvoir me donner, il y a un dieu pour les damnés, comme au premier jour, c’est aujourd’hui le premier jour…

BECKETT / TESTI PER NULLA

XIII.

Possibile, sarebbe finalmente questa la cosa possibile, che si spenga questo nero nulla dalle ombre impossibili, questa finalmente la cosa fattibile, che l’infattibile finisca e il silenzio taccia, lei se lo chiede, questa voce che è silenzio, o è me, come saperlo, il mio io di due lettere, sono sogni, silenzi che si equivalgono, lei e io, lei e lui, io e lui, e tutti i nostri, e tutti i loro, e tutti i loro, ma di chi, sogni di chi, silenzi di chi, vecchie domande, ultime domande, di noi che siamo sogno e silenzio, ma è finita, siamo finiti, noi che non fummo mai, non ci sarà più niente dove non ci fu mai niente, ultime immagini. E chi, a ogni muto milionesimo di sillaba, e inestinguibile infinito che si scava di rimorsi, morso dentro morso, ha vergogna di dover ascoltare, di dover dire, di qua dal menomo sussurro, tante menzogne, tante volte la stessa menzogna e bugiardamente smentita, di chi è questo silenzio urlante che è piaga di si e coltello di no, lei se lo chiede. Ma il desiderio di sapere, che ne è successo, lei se lo chiede, non c’è, la voglia non c’è, il cervello non c’è, nessuno sente nulla, chiede nulla, cerca nulla, dice nulla, ode nulla, è silenzio. Non è vero, si è vero, è vero e non è vero, è silenzio e non è silenzio, non c’è nessuno e c’è qualcuno, niente impedisce niente. E la voce, la vecchia voce languente, potrebbe finalmente tacere, e non sarebbe vero, come non è vero che parla, non può parlare, non può tacere. E se ci fosse anche un giorno qui, dove non ci sono giorni, in questo luogo che non è un luogo, l’infattibile essere, nato dall’impossibile voce, e un barlume di giorno, tutto sarebbe silenzioso e vuoto e buio, come adesso, come tra breve, quando tutto sarà finito, tutto detto, dice lei, bisbiglia.

(Samuel Beckett)

Samuel Beckett / sans

Ruines répandues confondues avec le sable gris cendre vrai refuge. Cube tout lumière blancheur rase faces sans trace aucun souvenir. Jamais ne fut qu’air gris sans temps chimère lumière qui passe. Gris cendre ciel reflet de la terre reflet du ciel. Jamais ne fut que cet inchangeant rêve l’heure qui passe.

BECKETT / MALONE MEURT

Quand je m’arrête, comme tantôt, les bruits reprennent avec une force étrange, ceux dont c’est l’heure. De sorte qu’il me semble retrouvé l’ouie de ma jeunesse. Alors dans mon lit, dans l’obscurité, les nuits de tempête, je savais faire la part, dans le hurlement du dehors, des feuilles, des branches, des troncs gémissants, de l’herbe même et de la maison qui m’abritait. Chaque arbre avait sa façon de crier, comme par temps calme son murmure. J’entendais au loin son portail en fer tirer sue ses piliers et s’entrechoquer ses battants à claire-voie, par où s’engouffrait le vent. Et il n’était jusqu’au sable de l’année qui n’eut sa voix. La nuit sans souffle pour moi était une autre tempête, faite d’innombrables halètements, que je m’amusais à dépister.

 

Beckett / Mal visto mal detto

 

De sa couche elle voit se lever Vénus. Encore. De sa couche par temps clair elle voit se lever Vénus suivie du soleil. Elle en veut alors au principe de tout vie. Encore. Le soir par temps clair elle jouit de sa revanche.

Details

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