Ingeborg Bachmann / Quel che ho visto e udito a Roma / …………..

A Roma ho visto le grandi ville, con pini e cedri spontanei, anche bosso, tagliato a formare animali di fantasia. Sul Campidoglio l’alloro e nel foro l’erbaccia proditoria, e quando l’erba sulle colonne chiuse con assi e sulle mura spezzate piombava nel crepuscolo, ho udito il rumore della città, ingannevolmente lontano, e soave lo scivolare delle automobili.
Ho visto dove le strade di Roma finiscono, insinuarsi in città il cielo trionfante, che non si chinava sotto nessun portone e si estendeva sopra i sette colli, azzurro dopo le scorrerie sulle coste della Sicilia e pieno dei frutti delle isole del mar Tirreno, illeso dopo gli assalti nel paese dei briganti d’Abruzzo e nero di grappoli di rondini, salvo sopra l’Appennino. Ho visto il lodato cielo di ermellino e il cielo misero di tela di sacco, e ho visto nei suoi momenti migliori la sua mano tracciare rilassata la sezione aurea sopra i tetti.

(Ingeborg Bachmann, Quel che ho visto e udito a Roma, Quodlibet 2002)

Ingeborg Bachmann / Quel che ho visto e udito a Roma

[…] Difficile è vedere cosa c’è sotto terra: luoghi d’acqua e luoghi di morte. Scale conducono giù verso cisterne che il vento ha prosciugato, verso casette a protezione dei pozzi, sormontate da pietra a volta e scavate nel tufo morbido, verso gocce di sangue che generavano fontane. I sentieri sprofondano nelle catacombe. Qualcuno accende un fiammifero. La sua fiamma si allunga verso i simboli. Per un attimo appaiono: pesce, pavone e colomba, àncora e croce, cibo e bevanda. Il fiammifero si spegno rapidamente, e quelli che ti camminano davanti premono verso l’alto. Nella curva uno si ferma e chiede: da dove soffia il vento?
Quando a Roma mi passarono l’udito e la vista, venne lo scirocco e aveva vinto sul vento aquilone delle montagne. Il sole allora mise la camicia e risplendette di luce falsa. È il tempo in cui aumentano le disgrazie ed è facile pronunciar parole senza amore. Perché il vento caldo ci ricaccia nel deserto. A volte lo fa sapere, sparge sabbia rossa sulla città infiacchita e ci soffia sopra fino a lasciarla priva di sensi. Quando lo scirocco se ne va, lo fa in segreto e durante la notte, mentre noi dormiamo smemorati. Ma al mattino, verso le tre, cade la rugiada. Se si potesse giacere lì svegli e inumidirsene le labbra! […]