Jean-Michel Espitallier / Notes en bataille

« La poésie résiste : à l’obligation de résultats communicationnels, de lisibilité immédiate, de clarté sans ombre, à l’instrumentalisation du langage, à la mise en réseau de la langue aux seules fins d’échanges de dossiers, de livraisons de données. Peau de contenu. D’un côté elle refuse, ne plie pas, résiste (ce qui résiste fait briller). De l’autre elle fait jouir (et jouit avec) la langue ». (J.-M. Espitallier, Notes en bataille)

http://www.cipmarseille.com/documents/95_20051118133520.pdf

http://www.cipmarseille.com/auteur_fiche.php?id=701

http://www.arteradio.com/son/597206/

PUNTO ​/ almanacco della poesia italiana

INDICE​   n. 3-2013

http://almanacco.wix.com/punto#!indice/cofk

[…]

OLTRECONFINE

Salvador Espriu, Poesie, a cura di Luca Ariano
Benoît Gréan, La vivisection de la vie, a cura di Rita Florit e Alfredo Riponi
Ilya Kaminski, Ballando a Odessa, a cura di Francesco Tomada
Víctor Rodríguez Núñez, Poesie, a cura di Emilio Coco

Petite suite attique / Benoît Gréan

grean_PSA_14

http://www.hochroth.de/1349/psa-14-2/

 

PSA 14 / Petite suite attique / Kleine attische Suite / Piccola suite attica

 

Brassant le vers en
d’autres langues
mastiquer pieuvre et poissons frits

soleil grouillant sur
terre aqueuse

s’icare un vol de deltaplanes

 

Verse brauen
in anderen Zungen
gebraten Tintenfisch und Sprotten kauen

Sonne wimmelt auf dem
Landwasserspiegel

den Ikarus macht ein Schwarm von Deltagleitern

Antonio Porta (1935-1989)

da L’ARIA DELLA FINE / Antonio Porta

Sto abbandonando Roma
polvere palpitante divenuta città
volevo dire: sto lasciando e dico:
abbandonare invece di lasciare
che sa troppo di lisciva e di sciare, come
direbbe l’amico di una donna chiamata: Speranza!
Appena detta questa frase nel vuoto del bus
si trasforma in un’altra;
sto abbandonando la vita?
Incendiaria polvere palpitante
lascio alle mie spalle
il corpo di una dormiente distesa,
città senza confini: «Mi sembra
di vedere il suo corpo pulsare
respiro che prolunga la notte incendiata,
fuoco per tanti secoli ancora per tutti i secoli
fecondati dal suo fiume mestruale…»
Corpo della notte illuminata dall’interno.
Abbandonare la vita? «La morte
è solo un fantasma» mi ha detto una ragazza
dagli occhi chiari di nome Daìna, seduta
davanti a me parlandomi del paradiso di questa
terra. Era l’ora! E come le respiro le sue parole
quanto mi consumano nel loro fuoco!
Sento il mio corpo come una sedia di marmo,
tento di impiombarmi al suolo, contro me stesso,
fatico a liberarmi delle mie ferite pietrose,
ma trionfo, infine, ma esco
con le scie luminose del crepuscolo,
lascio le stanze della fame, con questo verbo
adesso: scivolo via, come il piccolo torrente
del mio sangue scivola giù dal finestrino:
tornerò, sto già tornando, anch’io polvere
fatta corpo, a un milione di gradi di fusione,
palpitazione, sonno di fecondità, sto
ritrovando la via, la forma della città
che ha un cuore sottoterra, polvere di sangue,
scivolo in tutti i suoi cunicoli e poi volo
verso il mio volto con una piuma
sopra le labbra, è un vento che mi conquista
che mi trascina dentro la sua cintura e approdo
infine in una stanza rotonda, la stanza della nascita,
dove la brace viene guardata tutta la notte,
al centro, e alle ore giuste l’usignolo
canta le lodi delle sue uova.

[…]

[Antonio Porta, Tutte le poesie (1956-1989), Garzanti 2009]

Rita R. Florit – Crypta

Da CRYPTA / Rita R. Florit

 

Segnalato al Premio Montano XXVI edizione (2012)

http://www.anteremedizioni.it/xxvi_edizione_2012_esiti_raccolta_inedita

*

Crypta I

E rosa si figura all’inizio
la Via
e vista in circoscritta forma
gravata
chiama la concavità a riparo
ala di cura oscura    bacio
nero
eroso
eros riverso in doglia
occhio celato in buio
accecamento
estromesso
dall’imperio-femmina
ora estinta
torna
in osso inquieta fenditura
in feritoia e ferita
in bulbo vuoto

Dall’acqua primordiale
stratifica visioni

Nervo d’amore amato
in sfacelo L-dopa
nota perfetta
impiaga  perdizione
cripta pulsante
mater dolorosa in seta
offerta     dalia recisa
in sali d’argento strinata

Rivissi
ogni calvario
t u o
e  tutti gli abbagli
le seti
le notti
le morti
ogni singola trafittura
v o s t r a

La via erosa in  fine
erosthanatos
ammicca
e si dilegua
in nòcciolo forato
in mandorla
amara.

 

***

 

Ricomparse selve d’acciaio
tremule spugne disossate

il giorno di luce
apre al blu smaltato verticale

calda attesa dei tumuli oltraggiosa
carceri di smeraldo scuotono

risale all’aria dalle fami
viscerali incluse così

ogni singola trasparenza vibrazionale
copre in parte la ferocia del mondo.

 

***

 

Ruota sul mondo limite il bestiario celeste
scegliti l’animale totem [appartienigli]

proietta carichi opprimenti
conversa col fermo immagine   vivo speculum

dialoga  diabola.

 

***

 

O cauterio soave! / O deliziosa piaga! / O tenera mano! O tocco delicato, / che sa di vita eterna / e ogni debito paga! / Uccidendo, morte in vita hai mutato. (Juan de La Cruz, Fiamma d’amor viva)

 J’ai détruit mon calvaire et mes vers / À tombeau ouvert ma vie. (Alain Jouffroy)

 

Ghérasim Luca : NO MAN’S LANGUE


OUBLIE TA LANGUE MATERNELLE

SOIS ÉTRANGER À LA LANGUE D’ADOPTION ETRANGÈRE

SEULE

LA

NO MAN’S LANGUE

(Ghérasim Luca)

*

DIMENTICA LA TUA LINGUA MATERNA

SII STRANIERO ALLA LINGUA STRANIERA D’ADOZIONE

SOLA

LA

LINGUA DI NESSUNO

*

(dalla Postfazione a “Ghérasim Luca, La Fine del mondo)

La lingua, nominando le cose, raggela il mondo entro strutture linguistiche. “I poeti non sono più giustificati nel dare la prevalenza a un’identità linguistica determinata… Non essere di alcuna lingua come di alcuna patria, è la sola via d’uscita per chi concepisce la lingua come una trappola1”. Ghérasim Luca non è un poeta francese (o romeno), è un poeta che usa la lingua francese come un’altra lingua. Scrive in un carnet preparatorio per Apostrof’apocalisse nel 1962: “Dimentica la tua lingua materna sii straniero alla lingua straniera d’adozione sola la lingua di nessuno”.

[1] D. Carlat, Ghérasim Luca l’intempestif., p. 254. “Fondamentalmente e anche legalmente sono necessariamente apolide. Né la mia lingua passata, né quella attuale giustificano ai miei occhi (dopo Auschwitz) l’appartenenza a un patrimonio nazionale” (Ghérasim Luca).

*

dossier no man’s langue (pdf)

http://compagniedeslimbes.free.fr/creation/No_Mans_Langue/dossier%20nomans%20langue.pdf

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Alain Jouffroy

Un poema di Alain Jouffroy da : Éternelle extravagance, in C’est aujourd’hui toujoursPoésie / Gallimard, 1999

 
***
 

Pour qui j’écris

Non scrivo per voi
che vi prendete per giudici
appena vi si pone delle domande inattese.
Voi i rassegnati del pessimismo dell’ultima ora
voi che non amate niente
come l’isolazionismo
voi che confondete la scrittura, la pittura e l’assolo,
quando la rete mondiale occupa già tutta la superficie del vostro piccolo cervello.
Né per voi, ultimi nostalgici del gregge,
col vostro risentimento incessante,
voi i nemici di tutto ciò che è straniero,
voi che non detestate niente
come facies, magrebini e i nostri padri d’Africa
che non avete vergogna d’ignorare Cravan,
Vossnessenski, Ginsberg et Degenhardt,
perché hanno spezzato il loro cerchio,
no, non è per voi che scrivo.
Non scrivo per voi
adepti di tutte le pubblicità
con la vostra incultura da compact disc
Voi che trattate le donne da sciocche
e piagnucolate come bambini quando vi mollano. Voi e il vostro disprezzo di tutte le   rivoluzioni che non avete fatto,
come se la perdita di ogni libertà fosse il vostro solo viatico.
E nemmeno per voi
che rispondete con gli insulti a coloro che disturbano i vostri commerci.
Voi gli avidi mercanti dal Tempio,
che non amate niente come il portafoglio e i telegiornali,
i cliché di tutti i supermercati,
il vostro disgusto di voi stessi e i vostri espedienti per sopravvivere senza utopia,
la vostra società senza società e i vostri tappeti antiscivolo.
No, non è per voi che scrivo.

Scrivo per voi
che aprite la strada dalla Grecia alla Cina
e fate guerra alla stupidità nazionale fin nel vostro rifugio. Diventerete
gli architetti del looping
sotto i fili d’acciaio di tutte le istituzioni.
Per voi che ingranate la marcia del pensiero nella vostra auto in piena notte.
Per voi che defenestrate i vostri fantasmi,
che suicidate ogni disperazione attraverso il lucernario della memoria
e sognate ogni giorno di incontri, di viaggi trasversali e di altri modi di farsi vedere.

Sì. Per voi che lanciate aghi di bussola tra le vostre finestre e la porta d’ingresso degli altri,
tra l’Egitto dei Fatimidi, Granada, tutti gli esili e le isole,
Per voi che disertate il Tempio dove il giovane Gesù non riapparirà,
finché l’Occidente si drappeggerà nel suo razzismo di vecchio stampo,
finché Isabella e Ferdinando saranno i cromosomi dell’egoismo.
Per voi che tracciate linee intermedie, a metà strada tra
movimento del punto
 e effetto di piano;
Per voi il cui solo documento d’identità è la carta del cielo.

È per voi che deploro tutto ciò che non riesco a scrivere.

maggio 1998
 
trad. a. riponi ; g. cerrai
***

Alain Jouffroy è nato l’11 settembre 1928 a Parigi. Membro del gruppo surrealista dal 1947 al 1948. Decisivo l’incontro con Breton, che pubblica le sue prime poesie in varie riviste. La sua prima raccolta poetica « A toi », è pubblicata nel 1958. Da allora ha pubblicato un centinaio di libri tra poesia saggio e romanzo. L’attività letteraria è anche, per Jouffroy, una battaglia per i diritti rivoluzionari dell’individuo. Nel 1968 pubblica il saggio “L’abolizione dell’arte”; nel 1975 il libro di saggi “De l’individualisme révolutionnaire”. Tra i libri di più recente pubblicazione: le antologie poetiche C’est aujourd’hui toujours (1947-1998)” e “C’est, partout, ici (1955-2001)” “Manifeste de la poésie vécue”, 1995; “Conspiration”, 2000; “Vies suivi de Les Mots et moi”, 2003 e Trans-Paradis-Express, 2006, riscrittura dell’Inferno di Dante oggi.

D’IF / Registro di poesia 2

copj13.asp

Registro di poesia 2. Premio di letteratura « i miosotìs» intitolato a Giancarlo Mazzacurati e a Vittorio Russo. 3ª edizione 2008-09 – € 15,00 – 2009, 78 p., brossura Curatore Frasca G. Editore D’If  (collana I fuoricollana) – ISBN 987-88-88413-77-8

i 17 selezionati inclusi nel Registro di Poesia n#2

ALESSANDRA CONTE (Dueville – Vicenza)  – ANNA MARIA FERRAMOSCA (Roma) – RITA R. FLORIT (Roma) – ANDREA GIGLI (Firenze) –  MARIANGELA GUATTERI (Montericco – Albinea RE) – GAIA GUBBINI (Roma) – LAURA LIBERALE (Vigodarzere – PD) – EUGENIO LUCREZI (Napoli) – SILVIA MOLESINI (Costermano – VR) – RENATA MORRESI (Macerata) – MATTEO PELLITTI (Pisa) – ALESSANDRO RAVEGGI (San Casciano – FI) – ALFREDO RIPONI (Arezzo) – FEDERICO ROMAGNOLI (Siena) – ANGELO ROSSI (Caserta) – FEDERICO SCARAMUCCIA (Chiavari) – ELISA DAVOGLIO (Roma).

Antonio Porta

Quello che tutti pensano

che dobbiamo difenderci la vista dai raggi solari
che la mancanza di spazio conduce alla morte
che accostando le ville il più possibile si sta più sicuri
che vivere in campagna è impossibile
che vivere in città può essere pericoloso
che respirare la polvere fa male ai polmoni

…………………………………

che gli estremismi chiamano gli estremismi
che la rivoluzione mancata lo dimostra
che dato il prezzo non si può pretendere di più
che le ritenzioni delle feci ne sono il segno più chiaro
che la stampa è sempre male informata
che si vive nell’ignoranza crescente

…………………………………

che il dolore è utile
che la civiltà si fonda sulla morte
che la felicità è il nuovo mito consumistico
che la realtà deve avere un futuro
che è finita l’arte borghese non l’arte
che un nuovo stato rivoluzionario esprimerà una nuova arte

…………………………………

che il sogno è verità
che il sogno predice
che il sogno è borghese
che il sogno è menzogna del passato e del futuro
che i sogni si avverano
che le streghe lo sanno
che l’impotenza è tipica delle sinistre
che il sogno è rifugio tardo capitalista
che il sogno è lo specchio dell’amore
che in sogno si chiava e basta

…………………………………

che nel sogno si chiava nell’acqua
che veniamo dal mare
che al mare ritorniamo
che le prospettive si dilatano
che tutto diventa collettivo
che ci andiamo tutti insieme a morire

…………………………………

che non c’è riscatto
che non c’è spirito
che l’utero è perduto
che Dio ci aspetta a braccia aperte

Antonio Porta, Tutte le poesie (1956-1989), Garzanti 2009

 

AMELIA ROSSELLI

Cercando una risposta ad una voce inconscia
o tramite lei credere di trovarla – vidi le muse
affascinarsi, stendendo veli vuoti sulle mani
non correggendosi al portale. Cercando una risposta
che rivelasse, il senso orgiastico degli eventi
l’ottenebramento particolare di una sorte che
per brevi strappi di luce si oppone – unico senso
l’azione prestigiosa: che non dimentica, lascia
i muri radere la pelle, non subisce straniamenti
e non rivolta, contro questo male stritolante
e singhiozzante, che è la mia luna sulla faccia
l’odore di angeli sulle braccia, il passo certo
e non nascosto: la rovina lenta ma adempiuta:
un non staccarsi dalle cose basse, scrivendone
supina.

(Amelia Rosselli, Le poesie, Garzanti 2004)

 

 

 

 

 

BECKETT / OVIDIO


fin nella caverna cielo e suolo
e una a una le vecchie voci
d’oltretomba
e lentamente la stessa luce
che sulle piane di Enna in lunghi stupri
macerava poco fa i capillari
e le stesse leggi
che poco fa
e lentamente nell’orizzonte che spegne
Proserpina e Atropo
Adorabile d’incerto vuoto
Ancora la bocca d’ombra
BECKETT, Poesie

***

C’è un’isola vasta, Trinacria, ammassata sopra le membra di un gigante.

Allora la terra trema, e perfino il re dei morti muti ha paura che il suolo si squarci e che una larga voragine ne dischiuda i segreti e che la luce irrompendo semini terrore e confusione tra le ombre.

Non lontano dalle mura di Enna c’è un lago che si chiama Pergo, l’acqua è profonda.

La terra mi dischiude un cammino, io scorro in caverne dentro le sue profondità, e qui levo fuori il capo e rivedo le stelle quasi dimenticate

Proserpina: … regina , signora del mondo buio
OVIDIO, Metamorfosi, Libro V, v. 341-571

Pierre Jean Jouve / Matière céleste

ESPIRITUAL

Après un siècle la figure de la soie
Qui retenait le ventre avait été brulée
Mais la lettre mise en contact avec le nard
Enfermée dans un coffre de fer
Sentait encore l’intime en traversant le fer.

Dopo secoli la forma della seta
Che cingeva il ventre era stata bruciata
Ma la lettera in contatto col nardo
Chiusa in un forziere ancora
L’intimo odorava attraverso il ferro.

Sarah Kane / Crave

e sedermi a fumare sulle scale finché il tuo vicino non torna a casa e sedermi a fumare sulle scale finché tu non torni a casa e preoccuparmi se fai tardi e meravigliarmi se torni presto e portarti girasoli e andare alla tua festa e ballare fino a diventare nero e essere mortificato quando sbaglio e felice quando mi perdoni e guardare le tue foto e desiderare di averti sempre conosciuta e sentire la tua voce nell’orecchio e sentire la tua pelle sulla mia pelle e spaventarmi quando sei arrabbiata e hai un occhio che è diventato rosso e l’altro blu e i capelli tutti a sinistra e la faccia orientale e dirti che sei splendida e abbracciarti se sei angosciata e stringerti se stai male e aver voglia di te se sento il tuo odore e darti fastidio quando ti tocco e lamentarmi quando sono con te e lamentarmi quando non sono con te e sbavare dietro ai tuoi seni e coprirti la notte e avere freddo quando prendi tutta la coperta e caldo quando non lo fai e sciogliermi quando sorridi e dissolvermi quando ridi e non capire perché credi che ti rifiuti visto che non ti rifiuto e domandarmi come hai fatto a pensare che ti avessi rifiutato e chiedermi chi sei ma accettarti chiunque tu sia e raccontarti dell’angelo dell’albero il bambino della foresta incantata che attraversò volando gli oceani per amor tuo e scrivere poesie per te e chiedermi perché non mi credi e provare un sentimento così profondo da non trovare le parole per esprimerlo e aver voglia di comperarti un gattino di cui diventerei subito geloso perché riceverebbe più attenzioni di me e tenerti a letto quando devi andar via e piangere come un bambino quando poi te ne vai e schiacciare gli scarafaggi e comprarti regali che non vuoi e riportarmeli via e chiederti di sposarmi e dopo che mi hai detto ancora una volta di no continuare a chiedertelo perché anche se credi che non lo voglia davvero io lo voglio veramente fin dalla prima volta che te l’ho chiesto e andare in giro per la città pensando che è vuota senza di te e volere quello che vuoi tu e pensare che mi sto perdendo ma sapere che con te sono al sicuro e raccontarti il peggio di me e cercare di darti il meglio perché è questo che meriti e rispondere alle tue domande anche quando potrei non farlo e cercare di essere onesto perché so che preferisci così e sapere che è finita ma restare ancora dieci minuti prima che tu mi cacci per sempre dalla tua vita e dimenticare chi sono e cercare di esserti vicino perché è bello imparare a conoscerti e ne vale di sicuro la pena e parlarti in un pessimo tedesco e in un ebraico ancor peggiore e far l’amore con te alle tre di mattina e non so come non so come non so come comunicarti qualcosa dell’ / assoluto eterno indomabile incondizionato inarrestabile irrazionale razionalissimo costante infinito amore che ho per te.

(Sarah Kane, Crave)

DICKINSON / SANNELLI “SU UN IO COLONNA”

Soft as the massacre of Suns
By Evening’s Sabres slain
(E. D.)

“Soudain au loin le pas la voix rien puis soudain quelque chose quelque chose puis soudain rien soudain au loin le silence” 1. La paura di Massimo Sannelli: “rendere ciò che è come è”. “I testi di Emily Dickinson tendono ad essere semplificati ed ipersemplificati (e più sono impervi più sono massacrati, a partire dalla loro facies tipografica: maiuscole e punteggiatura)…” 2. Lavoro di traduzione che è uno « studio » sull’opera. Sannelli è un interprete, ma non c’è declamazione, c’è l’essenzialità del verbo. Non testi semplici, ma testi segreti che custodiscono il loro segreto. La parola condensata all’estremo, poi – ad un tratto – nel tratto il silenzio. “Da Emily Dickinson non ci si deve aspettare niente, se non una Conoscenza per lampi e guizzi di profumo” 3. Frammenti di tempo e spazio, nessun clamore. Hölderlin scriveva : “À la limite extrême du déchirement, il ne reste en effet plus rien que les conditions du temps et de l’espace”. Emily Dickinson costruisce il suo mondo sulla parola, rugiada e balsamo. Morte, Gloria e Bandiere non appartengono all’orizzonte del Verbo, ma al Deserto che cresce. “Le Bandiere – travagliano il Viso di chi muore – ”. Disseta, invece, la sua Parola: Rugiada, Ventaglio dolce, Mani amate, Aria fresca; “Questa è la mia Presenza Accanto alla tua Sete” (poem 715). Il poem 802, che Massimo Sannelli non ha tradotto, rende appieno l’illusione del Tempo e dello Spazio; è la prova che Emily Dickinson medita sull’Essere, e, non trovando che un’illusione al proprio essere finito nel Tempo, al Tempo rinuncia trovando nei Rudimenti dello Spazio la Finitudine e l’Eternità. Senza la paura. Così l’Ego sum non è prova ontologica, perché il Dubbio è il muro contro l’Angoscia del Reale. “Una fugace ombra di nubi su una landa ascosa: è questo l’offuscamento che la verità come certezza della soggettività, preparata dalla certezza di salvezza del cristianesimo, proietta su un Evento che le resta proibito esperire” 4.

1129.

Di’ tutto il vero, dillo obliquo –
Il trionfo è nel cerchio –
Troppo splendore per la nostra
Gioia – fioca –
La sorpresa superba
Del vero – è, come il Lampo
È ai bambini

Facilitato da parole umane:
O il vero abbaglia, piano,
O acceca il mondo –

Così Heidegger parlando dell’Aperto ne vede la totalità, il cerchio più ampio racchiudente le “regioni per noi inaccessibili”. “ La morte è la faccia della vita a noi occulta, da noi non rischiarata” (Rilke). “Che cos’è ciò che nel volere abituale dell’oggettualizzazione del mondo ci rimane sbarrato e sottratto da noi stessi ? È l’altro Ritiro: la morte”  5 . “Ma dove è pericolo, cresce anche ciò che salva” 6. È sorprendente quanto Emily Dickinson si trovi nella vicinanza di questo pensare: “Dal momento che la Morte è la prima forma di Vita che abbiamo il potere di Contemplare, […] è (strano) sorprendente che il fascino della condizione pericolosa in cui ci troviamo non ci seduca maggiormente. Con frasi del genere, proprio sulla nostra Testa, siamo esclusi dalla Gioia né più né meno che le Pietre –”

Nella poesia d’esordio dello “Studio”, due versi:

7.

E morte, è l’attenzione
Rapita all’Immortale

Altri versi, musica poi silenzio. Fine.

258.

C’è una Piega di luce,
Pomeriggi invernali –

……………………………

Quando viene, il Paesaggio
Ascolta – le Ombre tacciono –
Quando sale, è il Distacco
Sul viso della Morte –

789.

Su un Io Colonna è agio
Superare l’Angoscia –

1109.

Studio per loro –
Cerco il Buio,
Finché non sono pronta.
Questa fatica è la sobria
Fatica:
Con questa sola dolcezza
Che basta – il digiuno che
Offre per loro un cibo più puro,
Se io potrò,

Almeno avrò lo slancio, avuto,
Del Progetto –

1770.

Experiment escorts us last –
His pungent company
Will not allow an Axiom
An Opportunity

Questo libro non resterà “un esperimento che potrà essere dimenticato e superato o guardato con la piccola pietà intellettuale”. E il Sospetto che diventa quasi Certezza, che Rimbaud, Celan, Dickinson attendevano ancora d’essere “veramente” tradotti.

 

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1   Samuel Beckett, Comment c’est,
2   3 Massimo Sannelli, “Loved Philology”, prefazione a “Su un Io Colonna
4  Martin Heidegger, L’epoca dell’immagine del mondo
5  Martin Heidegger, A che poeti ?
Holderlin, Patmos

Emily Dickinson, Su un Io Colonna, a cura di Massimo Sannelli, La Camera Verde – Roma 2007

Rimbaud / FLEURS

D’un gradin d’or , – parmi les cordons de soie, les gazes grises, les velours verts et les disques de cristal qui noircissent comme du bronze au soleil, – je vois la digitale s’ouvrir sur un tapis de filigranes d’argent, d’yeux et de chevelures.
Des pièces d’or jaune semées sur l’agate, des piliers d’acajou supportant un dôme d’émeraudes, des bouquets de satin blanc et de fines verges de rubis entourent la rose d’eau.
Tels qu’un dieu aux énormes yeux bleus et aux formes de neige, la mer et le ciel attirent aux terrasses de marbre la foule des jeunes et fortes roses.

(Arthur Rimbaud, Illuminations)

 

 

RIMBAUD

MES PETITES AMOUREUSES

« Un Hydrolat lacrymal lave les cieux vert-chou: Sous l’arbre tendronnier qui bave, | vos caoutchoucs. […].

Fade amas d’étoiles ratées, Comblez les coins! – Vous crèverez en Dieu, bâtées D’ignobles soins ! »