rivolte del pensiero

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Per Mario Galzigna (1944-2020)

«Dio» vuol dire: la morte può mettere fine a un mondo, ma non può significare la fine del mondo. Un mondo può sempre sopravvivere a un altro. Ci sono più mondi. Più di un mondo possibile. È ciò che vorremmo credere per quanto poco crediamo o crediamo di credere in «Dio». Ma la morte, la morte stessa, se esiste, non lascia alcuno spazio e alcuna possibilità né alla sostituzione né alla sopravvivenza del «solo e unico» che fa di ogni vivente (animale, umano o divino) un vivente solo e unico. (Jacques Derrida, Ogni volta unica, la fine del mondo)

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La prima parte di “Rivolte del pensiero” è un racconto in presa diretta da un Dipartimento di salute mentale, dove torna prorompente la parola che meglio rappresentava Mario Galzigna: “condivisione”. «La condivisione delle esperienze e dei vissuti – del disagio, della sofferenza, delle emozioni, della gioia – ha dato forma, energia e coloritura affettiva al contenuto delle mie rappresentazioni, che non passavano esclusivamente attraverso lo scambio verbale, la parola scritta, l’elaborazione concettuale. Passavano anche attraverso gli sguardi, i silenzi, il linguaggio del corpo».