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“Una letteratura senza nome a immagine di un mondo innominabile, oppure niente più letteratura, era uno dei principali temi della nostra rivista l’Heure nouvelle, dove, senza tema di contraddirci, pubblicavamo, del resto, al tempo stesso dei testi di Kafka e le prime poesie che segnavano il ritorno di Antonin Artaud alla vita” (Marthe Robert, La vérité littéraire).

Tramite Marthe Robert e la rivista “L’Heure nouvelle” Kafka e Artaud s’incontrano virtualmente. Il parallelo tra Artaud redivivo e Kafka quasi dimenticato o malinteso è quanto mai utile a dire che soltanto uno scrittore “tornato in vita” dopo anni di segregazione manicomiale può riconoscere in tutta la sua forza il messaggio di Kafka su un universo concentrazionario.

Elias Canetti / L’altro processo

In una lettera a Felice ha la sconvolgente espressione della « paura di stare ritti ». Le spiega un sogno che lei gli ha comunicato e dalla spiegazione non riesce difficile dedurne il contenuto: «Vorrei invece spiegare il tuo sogno. Se non ti fossi messa per terra in mezzo agli animali, non avresti neanche potuto vedere il cielo con le stelle e non ti saresti redenta. Forse non saresti neanche sopravvissuta alla paura di stare ritta. Anche a me avviene lo stesso; è un sogno comune che hai sognato per me e per te».
Bisogna mettersi per terra in mezzo agli animali per essere redenti. Stare ritti è il potere dell’uomo sulla bestia, ma proprio in questa più di ogni altra evidenziante posizione del suo potere, l’uomo è esposto, visibile, attaccabile. Perché questo potere contemporaneamente è colpa, e solo giacenti per terra in mezzo agli animali si possono vedere le stelle che ci liberano di questo potere umano che è un potere terribile.

[Elias Canetti / L’altro processo, Le lettere di Kafka a Felice, Guanda 1990]

http://www.youtube.com/watch?v=FGwOUxuopUE

Kafka. Lettera non scritta

kafka

 

Prometeo

 

Quattro leggende narrano la storia di Prometeo: Secondo la prima fu inchiodato al Caucaso perché aveva gabbato gli dei, per punirlo furono inviate delle aquile a mangiargli il fegato che ogni volta ricresceva. La seconda racconta che Prometeo per il dolore causato dai colpi delle aquile si spingeva contro la roccia fino a fondersi con essa.
La terza dice che nei millenni il suo tradimento fu scordato, le aquile, gli dei e lui stesso dimenticarono.
Secondo la quarta ci si stancò di questa leggenda. Sia gli dei che le aquile si stancarono anche la ferita esausta si chiuse.
Senza spiegazione rimase la montagna rocciosa. La leggenda cerca di spiegare quello che non può. Dato che viene da una parte di verità, deve terminare con l’inspiegabile.

[G. Laportella, K Lettera non scritta – Otto racconti scelti da G. Laportella, trad. J. P. Groenewold e V. Riviello, La camera verde 2007]

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Di Prometeo ci parlano quattro leggende.
Secondo la prima, dato che egli aveva tradito gli dèi per amore degli uomini, venne incatenato sul Caucaso, e gli dèi inviarono delle aquile a divorargli il fegato che ricresceva di continuo.
Stando alla seconda, Prometeo, per il dolore causatogli dai becchi che lo dilaniavano, si schiacciò sempre più profondamente contro la roccia fino a divenire un tutt’uno con essa.
Secondo la terza, il suo tradimento venne dimenticato nel corso dei millenni; dimenticarono gli dèi, le aquile, egli stesso.
Secondo la quarta, ci si stancò di ciò che ormai aveva perduto il suo senso. Si stancarono gli dèi, si stancarono le aquile, la ferita – stanca – si richiuse.
Restò l’inesplicabile montagna di roccia… La leggenda tenta di spiegare l’inesplicabile. Poiché essa nasce da un fondo di verità, deve a sua volta per forza finire nell’inesplicabile.

[trad. Giulio Schiavoni, BUR]

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Di Prometeo trattano quattro leggende.
Secondo la prima egli fu inchiodato al Caucaso, perché aveva tradito gli dei a vantaggio degli uomini, e gli dei mandavano aquile a divorargli il fegato sempre ricrescente.
La seconda vuole che Prometeo, per il dolore procuratogli dai colpi di becco, si sia addossato sempre più al la roccia fino a diventare con essa una cosa sola.
La terza asserisce che nei millenni il suo tradimento fu dimenticato; tutti dimenticarono: gli dèi, le aquile, egli stesso.
Secondo la quarta ci si stancò di lui che non aveva più motivo di essere. Gli dei si stancarono, le aquile si stancarono, la ferita – stanca – si chiuse.
Rimase l’inspiegabile montagna rocciosa. – La leggenda tenta di spiegare l’inspiegabile. Siccome proviene da un fondo di verità, deve terminare nell’inspiegabile.

[trad. Ervino Pocar, Mondadori]

Bolaño / Kafka

“Lui che nelle notti insonni si suddivide nei singoli organi di cui aspetta i segnali, dei cui infausti movimenti è consapevole, ha bisogno di un metodo che al suo corpo prescriva l’unità. La medicina ufficiale gli sembra nociva perché si occupa troppo dei singoli organi. Il rifiuto della medicina è però anche in parte odio di se stesso: anche lui dà la caccia ai sintomi, quando la notte giace insonne.”

Elias Canetti, L’altro processo. Le lettere di Kafka a Felice, Guanda 1990

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Il mondo è tutto un caso. Secondo un mio amico, sbagliavo a pensarla così. Il mio amico diceva che per chi viaggia in treno il mondo non è un caso, anche se il treno sta attraversando territori sconosciuti al viaggiatore, territori che il viaggiatore non rivedrà mai più in vita sua. Non è un caso neppure per chi si alza alle sei del mattino morto di sonno e va al lavoro. Per chi non ha altra scelta che alzarsi e aggiungere altro dolore al dolore che ha già accumulato. Il dolore si accumula, diceva il mio amico, è un dato di fatto, e quanto più grande è il dolore, minore è il caso.”

Roberto Bolaño, 2666. vol. I , Adelphi 2007


Malattia e Kafka

A quanto racconta Canetti nel suo libro su Kafka, il più grande scrittore del XX secolo capì che i dadi erano gettati, e che ormai nulla lo separava dalla scrittura il giorno in cui per la prima volta sputò sangue. Che cosa voglio dire quando dico che ormai nulla lo separava dalla scrittura? Sinceramente, non lo so molto bene. Immagino di voler dire questo: Kafka capiva che i viaggi, il sesso e i libri sono vie che non portano da nessuna parte, eppure sono vie lungo le quali bisogna inoltrarsi e perdersi per ritrovarsi o per trovare qualcosa, qualunque cosa, un libro, un gesto, un oggetto perduto, per trovare un metodo, se si ha un po’ di fortuna: il nuovo, quello che è sempre stato lì.

Roberto Bolaño, conclusione a Letteratura + malattia = malattia

[in: Il gaucho insostenibile, ed. Sellerio]

 

KAFKA

VESTITI

Spesso quando vedo vestiti con molte pieghe, gale e ornamenti, che si posano bellamente su bei corpi, penso che non si manterranno a lungo in quello stato ma prenderanno pieghe, che non si possono più rimediare stirando, e polvere, che ingrossando nell’ornamento stesso, non si potrà più allontanare e che nessuno vorrà far una così triste e ridicola figura, mettendo ogni giorno al mattino lo stesso vestito prezioso, per levarselo la sera.
Eppure vedo delle ragazze, che sono belle e mostrano diversi muscoli provocanti e piccole ossa e la pelle tesa e masse di capelli sottili, e che giorno per giorno pur compaiono in questa mascheratura naturale, posano sempre la stessa faccia nelle stesse palme delle mani e la lasciano riapparir nello specchio.
Solo qualche volta a sera, quando tornano tardi da una festa, il viso appare loro consunto, gonfio, impolverato, visto da tutti ormai, e che non si può più portare.

 

 

GLI ALBERI

Perché siamo come tronchi nella neve. Apparentemente vi sono appoggiati, lisci, sopra, e con una piccola scossa si dovrebbe poterli spingere da una parte. No, non si può, perché sono legati solidamente al terreno. Ma guarda, anche questa è solo un’apparenza.