Gracq / « Autour des septs collines »

 

L’Aventin

J’aurais aimé avoir le temps de retourné sur l’Aventin, d’y flâner longuement, d’explorer ses rues une à une, en prenant pour point de départ la magique petite place de Piranèse, et le portail de son prieuré de Malte au trou de serrure emblématique en forme d’oeil. Quartier secret et vert, aéré, plein de silence, où il semble toujours en effet qu’un oeil vous suive sans qu’on le voie au long des rues feuillues, et qui paraît défendu plus que les autres contre le promeneur. C’est derrière les murs qui enclosent la rue Sainte-Sabine, et qui doivent cacher les jardins de couvents, autour de Saint-Alexis, que j’aurais cherché les mystères de Rome, qui par nature n’en a pas tant puisque (le Vatican bien sûr mis à part) tous ses viscères nobles mis à l’air, elle est la seule ville au monde qui ressemble à une autopsie.

[Julien Gracq, Autour des septs collines, Josè Corti]

14 pensieri riguardo “Gracq / « Autour des septs collines »

  1. Di chi sono le parole ? 

    Mi fa male la bocca dello stomaco.
    c’è una cosa che mi strozza la bocca dello stomaco ,
    ma se non te lo dico con le parole non la vedi.
    Mi fa impazzire, letteralmente, la tua fragilità. mi fa stare male.
    empatizzo, la assorbo perchè la capisco, e questo
    è uno dei motivi perchè ti voglio bene. poi c’è un’altra cosa,
    che è il modo che tu hai di liberartene, di mandare via,
    o lasciare sospesi nell’aria i tuoi sentimenti,
    e spesso si tratta di sensazioni semplici,
    che uno capisce da cosa possono derivare
    e attraverso il principio di
    causa-effetto riesce a farsene una ragione,
    a ricondurli a qualcosa in modo razionale
    e a distaccarsene,
    perchè è un fatto non suo.
    ma tu quando scrivi sei capace di lanciarle in aria come sassi,
    e l’unica cosa che rimane è quella pietra scagliata in volo
    che ad un certo punto apre le ali e,
    per un istante, uno solo, ritorna uccello, come per istinto,
    e che trasforma tutto in qualcosa che è sommerso, irreale.
     ‘ simboli ‘, ‘ metafore ‘.

    Tu lo sai di chi sono le parole?

    Sono di chi le scrive solo per un attimo.
    Poi diventano di chi le legge. è qualcosa che deve essere regalato,
    perchè in caso contrario è morto, relegato, imprigionato.

    Le parole sono Lame, ma il mondo è pieno di Lame.
    e come di lame, di molte altre cose, diverse gradazioni del bello,
    del brutto, del santo, dell’osceno. non esiste un universo chiuso.
    detto questo, ho bisogno di dirti qualcosa di stupido
    perchè devo alleggerire questa sensazione,
    quindi concludo con il mio consueto
    MIAOOOOOOO,

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  2. a futura memoria:

    “Tu lo sai di chi sono le parole?

    Sono di chi le scrive solo per un attimo.

    Poi diventano di chi le legge. è qualcosa che deve essere regalato,

    perchè in caso contrario è morto, relegato, imprigionato.”

    merci lefty.

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  3. “Tu lo sai di chi sono le parole?

    Sono di chi le scrive solo per un attimo.

    Poi diventano di chi le legge. è qualcosa che deve essere regalato,

    perchè in caso contrario è morto, relegato, imprigionato.”

    le parole devono andare libere correre/scorrere ibridarsi, innestarsi, fondersi…come scrissi una volta la
    Parola umida, goccia, rivolo, fiume bagna le terre e le feconda.

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  4. “La pioggia di città, con quel suo invito tanto penetrante a lasciarsi trasportare dal sogno negli anni della prima infanzia, risulta comprensibile solo a chi sia cresciuto in una grande città. La pioggia tiene ovunque più nascosti e rende le giornate non solo grigie, ma uniformi.” (W. Benjamin)

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